Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto Covid-19
Disposizioni per i saloni di acconciatura che non dispongono di spazi chiusi in cui ospitare un solo cliente per operatore. Per queste strutture, oltre le prescrizioni di cui al punto precedente si deve prevedere inoltre:
Misure aggiuntive per i centri estetici. Specificamente per i centri estetici devono essere rispettate le seguenti misure:
Orario e turni di lavoro. In questa fase emergenziale è prevista la flessibilità dell'orario di lavoro come di seguito:
Rappresentanti e corrieri esterni
Gli ordinativi dei prodotti tramite rappresentanti o venditori sono effettuati per telefono, email o altri dispositivi.
Qualora ciò non fosse possibile, deve avvenire fuori orario di lavoro e con l'utilizzo di guanti monouso, mascherina e distanza interpersonale di due metri tra rappresentante ed estetista e al termine della visita si devono disinfettare tutte le superfici venute a contatto con il rappresentante.
I corrieri non possono accedere ai locali aziendali. Prima di consegnare bisogna essere informati preventivamente del loro arrivo. Le consegne devono essere lasciate all'esterno, in prossimità dell'ingresso, dopo aver informato (a mezzo citofono, o anche a voce, dopo aver suonato il campanello) circa l'oggetto del recapito.
Anche lo scambio della documentazione delle merci consegnate (bolle, fatture, ecc.) deve avvenire tramite l'utilizzo di guanti monouso (qualora non disponibili, lavare le mani con detergente o per mezzo di una soluzione idroalcolica). In caso sia necessaria la firma di avvenuta consegna (ad esempio: raccomandate, pacchi ecc.), questa potrà essere apposta da un incaricato che, sempre osservando la distanza interpersonale minima di 1 metro, si recherà all'esterno.
Buone pratiche - Parrucchieri, estetiste, centri benessere. Ecco le regole da seguire:
Modalità di accoglienza del cliente/sala di attesa:
Rimuovere dalla sala d'attesa tavolini, cuscini, riviste, sedie inutili (se non è possibile rimuoverle e apporre del nastro e lasciarne libere solo), album da disegno e giochi per bimbi, ogni altro oggetto che possa essere causa di promiscuità che non sia sanificabile.
Modalità di svolgimento dell'attività e utilizzo dei DPI:
Pulizia degli ambienti:
Pulizia degli strumenti, degli indumenti e della biancheria da lavoro:
Gestione dei collaboratori/dipendenti:
Oltre al rispetto delle disposizioni generali si consiglia di valutare la possibilità di suddividere i ruoli dei collaboratori, ad esempio: alternarsi tra chi svolge il servizio al cliente e chi svolge funzioni di reception e cassa.
Approfondimento su Sanificazione/Disinfezione
Il termine "Sanificazione" in senso generico è sinonimo di "Disinfezione", e consiste in tutte quelle operazioni che
consentono di eliminare ogni germe patogeno presente, sia con acqua in ebollizione, vapore, aria calda ad elevate temperature, calore secco e radiazioni, sia con disinfettanti a base di sostanze chimiche che attaccano gli agenti patogeni e riescono a distruggerli.
La sanificazione in senso generico, può anche essere riferita all'aria e all'acqua. Quando si parla di sanificazione si fa solitamente riferimento ad una sanificazione totale, che comporta quindi la completa eliminazione degli agenti
patogeni dalle superfici e dall'aria, considerando tutta una serie di fattori eterogenei che vanno dalla circolazione
dell'aria alla temperatura, dall'umidità.
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DPCM del 26 Aprile 2020 - Parte la fase 2 dell'emergenza Covid-19
E' disponibile il DPCM che apre le porte alla fase 2 dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Sono 70 pagine, è completo del nuovo Protocollo d'intesa, mentre l'Allegato 3 contiene i CODICI ATECO autorizzati alla riapertura (poco prima della metà del pdf).
Per la settimana corrente non è previsto nessun nuovo elenco delle attività ammesse alla riapertura, se non quelle già previste nell'ultimo DPCM, tutto è rinviato al 4 Maggio, 18 Maggio e 1 Giugno (bar ristoranti e affini).
Si potrà effettuare l'asporto di alimenti con il divieto di assembramento fuori dei locali (delibera della Giunta regionale Marche).
E' stata raggiunta l'intesa (24 Aprile 2020), alla presenza della ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, per l'aggiornamento dell'Accordo Sindacale per il rientro il 4 Maggio. Poche le differenze: implementate le misure per il rientro, chi vorrà potrà effettuare la verifica della temperatura corporea, avvisare preventivamente il personale che l'azienda può "lasciarli a casa" se sono stati a rischio contagio negli ultimi 14 giorni, dai dispositivi di protezione, DPI, alle sanificazioni, dallo smart working alle postazioni distanziate, se necessario dedicare un WC per figure esterne all'azienda, non fare usare quello del personale. Prevista anche la sospensione temporanea per le imprese che non si atterranno alle regole. La certificazione medica di "avvenuta negativizzazione" per il rientro dei lavoratori già risultati positivi al Covid-19; l'utilizzo delle mascherine chirurgiche per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni; la sanificazione straordinaria degli ambienti alla riapertura nelle situazioni più a rischio; la rimodulazione degli spazi di lavoro e delle postazioni, distanziate, oltre alla previsione di orari differenziati. In caso di lavoratori che manifestino i sintomi durante le ore lavorative si provvede al loro isolamento e comunicazione al medico aziendale e personale del lavoratore, e suo allontanamento.
Scarica il DPCM 26 Aprile 2020 completo di tutti gli allegati
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Pronti, Ri-Partenza, Via!!!
In vista della (prossima) riapertura delle attività aziendali alleghiamo due documenti utili sulle procedure di sanificazione degli ambienti di lavoro e dei mezzi di trasporto aziendali. Le procedure sono da mettere in atto come prerequisito per poter riprendere l'attività produttiva aziendale.
Le procedure di pulizia e sanificazione degli ambienti di lavoro possono essere eseguite anche dal personale interno, purché adeguatamente istruito, formato e dotato di DPI specifici.
Per chi si avvale di ditte specializzate con i necessari requisiti tecnico professionali, per avere diritto al credito d'imposta, nella fattura della prestazione dovrà essere specificata la dicitura "in virtù del Decreto Cura Italia, pubblicato nella G.U. n. 70 del 17 marzo 2020, disciplinato dall'art.64".
Il credito d'imposta per sanificare gli ambienti e gli strumenti di lavoro (DPI compresi) verrà riconosciuto nella dichiarazione dei redditi 2021, per un importo pari al 50% delle spese sostenute, fino ad un massimo di 20.000 euro agli esercenti attività d'impresa, arte o professione.
Procedura applicativa per pulizie e sanificazione degli ambienti di lavoro da Covid-19
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La nuova privacy europea, la direttiva 679/2016 (GDPR), non sostituisce la precedente (196/2003) ma la integra e focalizza l'attenzione sia sugli aspetti informatici che burocratici.
Dal punto di vista della documentazione cartacea e della gestione burocratica amministrativa occorrono:
Dal punto di vista della gestione informatizzata occorrono:
CE.S.AM. srl fornisce i servizi separatamente, cioè la parte formale, cartacea e burocratica (il manuale per intenderci) è a nostra cura e il costo è di 400,00 €+IVA fino a 5 addetti e 5 postazioni di lavoro e per unità produttiva (sul di più, aggiungere 100,00 € a postazione).
La parte informatica può essere affidata in convenzione a un esperto professionista in materia con il quale verrà garantito un rapporto diretto.
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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pronunciandosi sul caso ThyssenKrupp (Cassazione Penale, Sez.Un., 18 settembre 2014 n.38343), hanno chiarito che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, quale "peculiare figura istituzionale del sistema prevenzionistico […], insieme al medico competente, svolge un importante ruolo di collaborazione con il datore di lavoro".
In particolare, l'RSPP "svolge una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma è priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve, un lavoro in équipe".
In tal senso, il ruolo svolto dai componenti del SPP "è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro. La loro attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell’evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche".
Diversamente, si "rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica".
Così premessa e definita l'area di competenza dell'RSPP in relazione a quello che la giurisprudenza identifica ripetutamente come il perimetro delle "competenze specialistiche" attribuite dalla legge a tale soggetto, la Suprema Corte (Cassazione Penale, Sez.IV, 23 gennaio 2017 n.3313) non manca dall'altra parte di sottolineare che, come noto, “il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art.28 del D.Lgs.n.81 del 2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori".
Una sentenza dell'anno scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 20 luglio 2018 n.34311) poi, ricorda che "il contenuto di tale documento è chiaramente definito dall'art.2 lett.q del citato D.Lgs., laddove parla di valutazione globale di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestando la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza".
E aggiunge un elemento essenziale ai fini della concreta ricostruzione delle prerogative del datore di lavoro e dell'RSPP in relazione al DVR.
La Cassazione precisa infatti in tale pronuncia che, se da un lato"per la redazione di tale documento, fondamentale per lo svolgimento in sicurezza della vita lavorativa all'interno di ogni azienda, il datore di lavoro può avvalersi della collaborazione di un professionista, prevedendo la legge la consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione", tuttavia l'ausilio che tale soggetto presta per la "redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez.4, n.27295 del 2/11/2016, Rv.270355), con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (Sez.4, n.22147 del 11/2/2016, Rv.266859)".
Nel caso di specie trattato dalla pronuncia, in cui erano presenti "carenze evidenti del DVR", la Corte sottolinea che dato il "carattere non delebile dell'obbligo di valutazione dei rischi inerenti l'attività aziendale gravante sul D.L. [datore di lavoro, n.d.r.], i giudici di appello hanno ritenuto, con motivazione corretta in diritto ed immune da censure, che la collaborazione prestata dal responsabile del servizio di protezione e prevenzione nello svolgimento di tale attività e nell'individuazione delle misure atte a fronteggiare i rischi presenti in azienda, non esimeva il datore di lavoro dal sottoporre il documento redatto dal professionista ad una approfondita analisi critica e verificacirca la concreta individuazione e indicazione della evidenziata situazione di palese rischio e delle misure precauzionali atte a fronteggiarlo. […]
Di qui la colposa condotta omissiva del datore di lavoro, il quale, a fronte di un DVR così inidoneo a consentire in sicurezza il lavoro cui era addetto il lavoratore, non ha svolto alcun doveroso controllo sul contenuto del documento, imponendone al professionista incaricato le necessarie integrazioni".
In particolare, per quanto riguarda il "dedotto principio dell’affidamento, quale esonero da responsabilità, la ricorrente dimentica che il datore di lavoro è l'unico destinatario degli obblighi prevenzionali e, quand'anche abbia delegato [commissionato, n.d.r.] ad altri la stesura del documento di valutazione dei rischi, non di meno è tenuto, nel momento della sua attuazione, a verificarne la completezza e l'efficacia, adempimento che la [datrice di lavoro, n.d.r.] non ha svolto, attesa l'evidente inadeguatezza del documento, come prima evidenziato".
Tale pronuncia aveva affermato il principio secondo cui, nel caso specifico, "il Datore di lavoro avrebbe dovuto controllare la relazione predisposta dall'ing. Pa. [RSPP] onde poter segnalare al detto professionista quelle attività del ciclo produttivo eventualmente ignorate".
Ricostruiamo molto sinteticamente la vicenda di cui si è occupata la Cassazione.
Con questa sentenza, la Corte aveva confermato la responsabilità di un datore di lavoro (ed escluso quella del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) per un infortunio occorso ad un lavoratore il quale, durante il turno di lavoro notturno (22,00-6,00), mentre era intento alle operazioni di pulizia all'interno di un silo contenente grano in fase di svuotamento era venutosi a trovarsi disteso sulla superficie granaria sulla quale si muoveva, e, non percependo il progressivo assorbimento del suo corpo all'interno della massa di grano, era rimasto poi completamento coperto dal grano decedendo per asfissia.
La Cassazione aveva precisato che "quanto alla posizione di garanzia del [datore di lavoro, n.d.r.] va innanzi tutto sottolineato che, per come accertato in sede di merito, l’ing. Pa. [RSPP, n.d.r.] era stato incaricato dell'individuazione dei fattori di rischio e dell'elaborazione delle misure di prevenzione e delle procedure di sicurezza.
Il detto professionista aveva predisposto una relazione nella quale però non era stata esaminata la specificità della mansione svolta dagli operai all'interno dei silos e pertanto aveva omesso ogni valutazione dei rischi collegabili alla stessa.
A fronte della contestazione di tale omissione, "l'[RSPP] aveva dichiarato di non essere a conoscenza di tale lavorazione: dunque, in assenza di informazioni rilevanti che avrebbero dovuto essere fornite da persone informate, "in primis" il datore di lavoro, non aveva mai fatto riferimento, nella sua relazione, all'operazione di pulizia delle celle granarie".
Pertanto "l'omessa previsione, da parte dell'RSPP dei rischi correlati alle operazioni di pulizia all'interno delle celle granarie, è pienamente riconducibile al [datore di lavoro, n.d.r.] il quale era perfettamente a conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e delle più rilevanti circostanze concernenti lo svolgimento del lavoro di pulizia all'interno dei silos, così come puntualmente e dettagliatamente posto in evidenza dai giudici di seconda istanza".
La Cassazione aveva concluso dunque che nel caso di specie "il Datore di lavoro avrebbe dovuto controllare la relazione predisposta dall'[RSPP] onde poter segnalare al detto professionista quelle attività del ciclo produttivo eventualmente ignorate (come poi in concreto si è verificato) nella valutazione dell'attività aziendale ai fini della pianificazione dei rischi".
Pertanto "l'omissione di tale controllo vale a concretizzare un evidente profilo di colpa".
Concludiamo questa breve rassegna (condotta come sempre senza pretese di esaustività) illustrando sinteticamente una più recente sentenza (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 giugno 2017 n.29062) con cui la Suprema Corte ha confermato la responsabilità di un datore di lavoro per il reato di lesioni personali colpose "ai danni del lavoratore, dipendente della detta società con qualifica di operaio addetto ai servizi generali di stabilimento, e della contravvenzione di cui all'art.28, comma 2, lett.b), D.Lgs.n.81 del 2008 per aver adottato un documento di valutazione dei rischi carente in punto di individuazione delle misure di prevenzione e protezione correlate con le operazioni svolte con il carrello elevatore nel reparto oli".
In particolare il lavoratore "doveva movimentare una cisterna utilizzata per trasportare l'olio esausto proveniente dal reparto di lavorazione e destinato al reparto trattamento oli" e "aveva quindi prelevato la cisterna, del peso di circa 900/1000 kg., mediante il carrello elevatore, utilizzando le forche del mezzo e bloccandole all'altezza di circa un metro da terra per consentire il travaso dalla cisterna all'altro serbatoio; per eseguire tale operazione si era quindi posizionato davanti alla cisterna e mentre si accingeva ad avvitare il tubo corrugato al rubinetto, la cisterna era caduta improvvisamente e lo aveva travolto procurandogli fratture alla gamba sinistra".
Era stato "documentalmente provato che l'operazione che stava eseguendo il LAVORATORE non era stata presa in considerazione al fine di valutare il rischio specifico".
La sentenza specifica altresì che tale "rischio specifico e la previsione degli accorgimenti tecnici idonei a neutralizzarlo non erano stati considerati nel DVR, predisposto da un'azienda specializzata del settore, e ciò perché nei dieci anni precedenti non si era mai verificato alcun inconveniente o sinistro collegato a tale operazione di travaso".
Peraltro "nella evidente consapevolezza della carenza del DVR, il datore di lavoro aveva organizzato un corso di formazione "fast training", cui il LAVORATORE aveva partecipato, risultato però in concreto inadeguato".
Rispetto al tema che ci occupa, la Cassazione conferma l'impostazione della Corte d'Appello, la quale "reputava sussistente il profilo psicologico della condotta, non potendo l'imputato essere scagionato né per le sue specifiche qualità e cariche sociali, né per il passivo affidamento al DVR elaborato da un'impresa terza, la quale aveva comunque evidenziato come "remoto" il rischio oggettivo di investimento per scivolamento della cisterna dai supporti del carrello elevatore ed aveva predisposto misure preventive palesemente inadeguate".
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